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Progetto educativo


Spesso la prevenzione è vista unicamente come una necessità, un modo per evitare di dover rimediare in seguito a una situazione di difficoltà.

L’ambiente educativo deve essere quindi una palestra per il giovane, un luogo sereno nel quale imparare, anche grazie ai “buoni esempi”, i valori e gli strumenti atti ad affrontare in autonomia la vita con tutte le sue difficoltà e contraddizioni.

La parola prevenzione ha però per Don Bosco un significato più ampio: non occorre soltanto prevenire il male, ma far questo andando incontro al bene, così da farlo emergere in tutte le sue forme.
Occorre quindi avere ottimismo, riconoscere in se stessi e nel giovane un’energia capace di guidarlo verso l’autonomia, risvegliare la voglia di camminare, di costruirsi, dandone l’esempio in prima persona e aiutare il giovane a prendere coscienza delle sue qualità positive, offrendo al tempo stesso concrete possibilità per cui queste possano esprimersi al meglio.

È l’esempio dell’educatore, colui che è venuto prima, che guida il giovane attraverso questo processo di scoperta e formazione della propria personalità.

Ragione
Porre la ragione al centro dell’educazione umana significa, essenzialmente, credere nell’uomo, nella sua capacità di apprendere, di decidere liberamente.
È un atto di fiducia e ottimismo nella persona.
Contrapposta alla ragione è l’istintività, anche emotiva: bella, certo, ma può giocarti dei brutti scherzi.


Religione
Un elemento molto importante, in quanto orienta l’uomo a Dio e lo rende capace di amare. Eppure anche davanti alla religione, la ragione ha la precedenza. Diceva infatti don Bosco: “mai obbligare i giovani alla frequenza dei Sacramenti, ma incoraggiarli e facilitarli nell’approccio a Gesù, facendo notare la bellezza e la santità di quella religione che propone mezzi così semplici per costruire una società civile”.


Amorevolezza
È la base di ogni azione educativa, ma “non è sufficiente amare i giovani, occorre soprattutto che i giovani stessi si sentano amati”.
E ancora, viceversa, “ognuno si faccia amare per educare i giovani”. Educare è quindi un donarsi in modo gioioso, trasmettendo gioia e serenità proprio con il dono di sé.
Questo amore si manifesta in una accoglienza del giovane così come egli è, con i suoi difetti e i suoi pregi, nella sua unicità.
Attenzione e dialogo – L’educazione è cosa di cuore
Don Bosco aveva affermato che la pratica di questo sistema è tutta poggiata sulle parole di San Paolo che dice: “La carità è benigna e paziente; soffre tutto, ma spera tutto e sostiene tutto”».

Don Bosco è convinto che solo Dio ci può insegnare l’arte di amare come Lui e di educare, e da ciò segue l’importanza della religione nel suo sistema educativo.

Fin da ragazzo Don Bosco aveva ricevuto il consiglio «Non con le percosse, ma con la mansuetudine e la carità dovrai guadagnare il cuore dei giovani», una frase che segnò tutto il suo cammino.

L’amore per i giovani e soprattutto il farli sentire amati, attraverso l’interessamento ai loro giochi, alle loro vite e alle loro problematiche è quello che rende l’educatore un amico speciale, un fratello maggiore che guida il giovane verso l’autonomia
Riconoscimento delle unicità – Un punto accessibile al bene
Don Bosco diceva «Basta che siate giovani perché io vi ami assai», una frase che ci fa capire come egli guardasse al giovane con simpatia e che nella filosofia salesiana si traduce nella creazione di un canale di comunicazione tra educatore ed educando, che permette con il tempo la trasmissione di valori di vita e di fede.

Secondo Don Bosco in ogni giovane si trova «un punto accessibile al bene», grazie al quale è possibile instaurare questo rapporto di fiducia e insegnamento, volto ad aiutare il giovane a crearsi una personalità armonica e solida.

La ragione del Sistema Preventivo è dare fiducia alle forze di bene presenti in ogni persona, che l’educazione ha il compito di far crescere e maturare.


Un ambiente stimolante per lo sviluppo – Salute, scienza, santità
A Don Bosco interessava non solo la salvezza dell’anima del giovane ma anche il suo sviluppo mentale e sociale.

Oltre quindi ad educare al senso cristiano dell’esistenza, egli proponeva ai suoi ragazzi momenti di svago e protagonismo, quali teatro, musica e gioco, da inframezzare ad attività propedeutiche all’apprendimento di un mestiere con cui guadagnarsi la vita ed essere un onesto cittadino.


Orientamento – L’educazione può cambiare la storia!
Questa idea sostenne Don Bosco in tutto il suo lavoro e per tutta la durata della sua vita.

L’educatore, secondo questa visione, è «un individuo consacrato al bene dei suoi allievi, perciò deve essere pronto ad affrontare ogni disturbo, ogni fatica per conseguire il suo fine, che è la civile, morale, scientifica educazione dei suoi allievi».

La competenza educativa, l’amore della “vita profonda”, lo sguardo positivo su se stessi e sugli altri e la “passione” per i giovani sono le caratteristiche che consentono ad un educatore di educare il giovane ad usare la propria libertà nel migliore dei modi.
Il titolo del convegno era allarmante e propositivo: “È il momento della vera scuola cattolica”, illustrato ancora meglio dal sottotitolo: “Uscire dal sistema per essere se stessi”. Le tre relazioni di Stefano Fontana, don Samuele Cecotti e don Marco Begato sono state concordi nel constatare che esiste ormai un sistema ben collaudato e che si muove con coerenza non per educare ma per diseducare, per togliere i figli ai genitori, per impedire alla Chiesa di continuare a considerarsi primario soggetto educativo e non solo collaboratrice esterna e occasionale dopo aver delegato l’educazione ad altri e soprattutto allo Stato. Questo sistema si chiude a riccio per impedire vie di fuga,
In questo modo, però, la Chies rinuncia a quanto le è proprio per natura: come ha segnalato al convegno don Cecotti, la Chiesa insegna la verità rivelata, però questa si basa sulla ragione e quindi ha titolo originario anche per educare la ragione, in un unico progetto educativo perché unico, anche se distinto, è il progetto salvifico. Purtroppo, l’influenza di tante correnti della teologia contemporanea condizionate dalla prospettiva protestante ha rotto il rapporto tra fede e ragione sicché oggi si pensa che alla ragione debba pensare lo Stato e alla fede la Chiesa. Da qui il ritiro di quest’ultima dalla pubblica piazza.

Che poi magari lo Stato insegnasse ad usare la ragione. Oggi, anche se non da oggi, avviene il contrario. Come hanno segnalato le relazioni mattutine al convegno, dapprima lo Stato si è dichiarato neutro da principi e valori, poi ha cominciato a combattere coloro che pretendevano ancora di tenere formi principi e valori pubblici, quindi ha iniziato a fare violenza imponendo i propri principi e i propri valori. Come è avvenuto da qualche tempo con l’istituzione dell’insegnamento dell’Educazione Civica in ogni ordine di scuola pubblica.
La libertà di educazione e il confronto tra una scuola che forma al bene comune e quella moderna, ideologica e statale, originata dalla Prussia e poi importata anche in Italia. La scuola parentale come antidoto. L’abuso della tecnologia e i danni per i giovani. Dall’incontro della Bussola con Marco Sermarini e lo psicologo Roberto Marchesini.

Anticlericale, non c’era libertà». Da lì, l’indottrinamento da parte di chi detiene il potere è proseguito fino ai giorni nostri, quando la scuola è preda di teoria del gender, Agenda 2030, eccetera.

Di contro, come ha notato Sermarini, «il cristianesimo ha saputo valorizzare nei secoli» una cultura e un’educazione per il bene dell’uomo, anche mutuando il meglio del mondo greco-romano, «come ad esempio le famose arti liberali, che sono una grande introduzione alla realtà che la Chiesa ha fatto propria e che fa parte di quella che possiamo chiamare civiltà occidentale, civiltà europea», secondo «un’idea sana di Europa». Con l’era moderna si assiste invece al tentativo di cancellare questa identità, un’operazione a cui «la scuola di Stato si presta perfettamente», grazie anche a un equivoco di fondo: «È una scuola apparentemente neutra ma che in realtà funge, volontariamente o involontariamente, da megafono delle idee dominanti».

I due ospiti hanno sottolineato i danni che vengono da un inappropriato o eccessivo uso della tecnologia, concordando tra l’altro sull’opportunità per gli studenti di non portare il cellulare in classe. Riguardo all’insegnamento, se è vero che in determinate situazioni «ci sono delle tecnologie utili», come argomenta il rettore della Scuola Libera Chesterton, «in generale noi utilizziamo un metodo molto classico e antico: il professore parla, fa esempi, spiega qualcosa e i ragazzi ascoltano, prendono appunti, intervengono, domandano, sono stimolati a fare domande, a cercare di capire. È quello che si dice “seguire un maestro”, qualcuno che ti introduca alla realtà vera e propria, non a quella virtuale». Sermarini, per la sua esperienza a scuola, e Marchesini, per i pazienti ricevuti nel suo studio, evidenziano gli scarsissimi livelli di apprendimento e le altre conseguenze negative che hanno accompagnato la didattica a distanza (Dad). Anzi, per Marchesini, «la Dad è stata un esperimento per abolire la scuola in presenza e fisica». Attraverso la sua attività, lo psicologo clinico ha potuto constatare di persona l’incremento dei pensieri e tentativi suicidari nei giovanissimi, vedendovi un legame proprio con la Dad, il lockdown e il terrorismo mediatico in tempo di Covid-19. Senza dimenticare, come rileva Cascioli, che le politiche per spingere gli studenti di medie e superiori alla vaccinazione hanno aggravato ulteriormente il quadro, emarginando i non vaccinati.

Tornando al vulnus dell’uso abnorme dei mezzi tecnologici, lo psicologo ha riferito come gli addetti ai lavori concordino sul fatto che gli schermi di cellulari, computer, tablet, ecc., «sono dal punto di vista cognitivo la peggior disgrazia che poteva capitare a queste generazioni […]. Tutti questi strumenti tecnologici e digitali hanno ridotto l’attenzione dei ragazzi a intervalli brevissimi». Il loro uso prolungato aumenta disturbi del sonno, irritabilità e nervosismo, e diminuisce la capacità di relazionarsi. Tutto ciò ha una serie di altri effetti, di cui Marchesini riporta un paio di esempi emblematici, vittime immateriali incluse: vedi il compianto assolo di chitarra…

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